Alchemiche armonie
Dall'albero della vita alle forze che muovono il nostro spirito

Vanni

Da dove partiamo per trattare un tema tanto delicato?

Si parte sempre dal principio - mi diceva sempre un'insegnante - ed allora, perché no? - partiamo dalla Genesi...

“formò l’uomo dalla polvere della Terra, gli soffiò nelle narici l’alito vitale e l’Uomo divenne un’anima vivente.”


L’Uomo è quindi composto di corpo e di anima. Noi non la vediamo ma essa c’è, è in noi. Nutriamo il nostro corpo e allora perché non dovremmo nutrire anche l’altra componente che strettamente ci appartiene ed è dentro di noi? Il sostentamento del nostro spazio interiore non può considerarsi un momento diverso da quello che ordinariamente prendiamo per nutrire, materialmente, il nostro essere.
Qualunque saggio del pianeta ci dirà sempre infatti che procurare cibo alla nostra anima è il presupposto fondamentale per lo sviluppo della nostra persona.

Come fare quindi a nutrire questa parte di noi?

Non ci sono ricette al riguardo come nel caso del nutrimento fisico, ma solo una personalissima ricerca di strumenti o iniziative che possano aiutarci a trovare cibo per la nostra anima. I momenti creativi o partecipativi, cui istintivamente o per passione facciamo ricorso, sono ad esempio una di queste occasioni: la pittura per l’appunto, ma anche l’ascolto della musica o la lettura di un libro particolarmente coinvolgente ovvero la partecipazione ad una attività in cui crediamo, insomma uno di quei momenti, tanto per rappresentarli concretamente, in cui lo squillare del nostro telefono ci fa abbandonare una “posizione più elevata del nostro stato” per ripiombare drammaticamente su terra.

Ma perché siamo stati richiamati con fastidio su Terra? Dove eravamo andati?

Non siamo degli asceti e quindi in quei momenti non ci eravamo certo distaccati dalle cose terrene per intraprendere un cammino di purificazione volto alla contemplazione. Eppure – con il nostro isolamento nel dipingere – avevamo temporaneamente abbandonato gli affanni del quaternario e ci era parso di intraprendere un piccolo viaggio, ma verso dove?

Difficile dare una risposta, certa e condivisa, a questa domanda. Astraendoci dai pensieri terreni, grazie all’aiuto della pittura o di altro nutrimento per l’animo, avevamo forse intrapreso una piccola risalita lungo il nostro personale Albero della Vita abbandonando temporaneamente il Mondo dell’Azione per percorrere quello della Formazione attraverso i sentieri che da Malkuth (il basso) volgono verso Kether (l’Altissimo)
Si dice sia questo il sentiero che percorriamo da percettori di emozioni allorché queste esaltano le nostre virtù morali e fanno crescere gli stati della nostra anima.
Ma i colori non sono solo strumenti di crescita dell’animo per le emozioni che procurano. Essi assolvono anche a strumento di rappresentazione ed identificazione.

Non sono mai stato in India ma se un giorno dovessi avere la fortuna di andare, certamente cercherei di partecipare alle celebrazioni di una festività molto sentita in quel Paese ed in tutte le comunità indiane nel mondo: la festività di Holi .
La traduzione dall’hindi è “brucia” e, in effetti, sul finire del mese di febbraio e l’inizio del marzo, in funzione del giorno di luna piena, le popolazioni bruciano la sera prima della festa un fantoccio raffigurante il re dei demoni e il giorno dopo festeggiano l’approssimarsi della primavera gettando polveri ed acque colorate, dapprima sulle ceneri dei falò e quindi su tutti i partecipanti alla gioiosa festa.
Gli indiani credono infatti nell’azione purificante del colore materico che, una volta entrato nel corpo attraverso i pori , provvederebbe a rafforzarne le difese naturali e ad abbellirlo.
Grazie alla festività di Holi il valore simbolico del colore è potente: esso rappresenta l’unità e l’ eguaglianza delle genti: tutti, ricchi e poveri, donne e uomini, possono lanciare polveri e acque colorate sul proprio vicino senza badare a problemi di casta o di sesso. Per un giorno tutti si ritrovano a festeggiare assieme e ogni barriera viene abbattuta. Pensiamo a quale magia compia il colore in un Paese dove, come noto, il rispetto della casta è assoluto e l’uomo sembra godere – almeno sino ad oggi – di privilegi non concessi alle donne.

Senza cadere nel facile supporto della cromoterapia, basterà ricordare al riguardo come ad ognuno dei sette Chakra la dottrina induista non attribuisca solo il compito di presiedere alla funzione fisica cui è associato, ma sia una delle sei piccole “ruote “ utili all’ascesa del nutrimento dell’anima: dal rosso Kundhalini al settimo Chakra rappresentato anch’esso da una simbolica ruota viola posta all’apice del nostro Albero della Vita.


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